(Il vero motivo per cui la Apple produce in Cina)
di Andrea Laterza
Da studente d’ingegneria ambientale spesso mi imbatto in argomenti che, all’apparenza possono sembrare banali, ma in realtà toccano la nostra vita ogni giorno più di quanto si pensi.
Uno di questi riguarda il recupero delle Terre Rare.
Ma cosa sono? E cosa interessa a noi comuni mortali recuperare terre, per lo più rare! Non abbiamo nessun Superman da alimentare con kriptonite!
Procediamo per piccoli passi: la denominazione metalli rari, o terre rare (in inglese Ree, Rare Earth Elements) viene utilizzata per indicare una serie di materiali in realtà tutt’altro che rari, anzi largamente diffusi sulla crosta terrestre: si pensi che la loro quantità è paragonabile a quella di nichel, rame, zinco o piombo e che alcuni di essi sono più abbondanti dell’argento o dello stagno; persino i due elementi più rari (tulio e lutezio) sono all’incirca 200 volte più comuni dell’oro.
Essa deriva piuttosto dal fatto che in passato erano ritenuti presenti solo in minerali rari e che le loro concentrazioni in peso sono piuttosto basse, variando da una decina a qualche centinaio di parti per milione, fattore questo che rende la loro estrazione e lavorazione complesse e costose.
Nondimeno, le loro peculiarità sono tali da renderle particolarmente apprezzate e idonee alla realizzazione di una vasta serie di beni a tecnologia avanzata, cui conferiscono proprietà difficilmente ottenibili con materiali alternativi.
Per tale motivo i loro consumi nei Paesi occidentali sono andati crescendo sensibilmente nell’ultimo decennio, contribuendo a spingerne in alto la quotazione, che, complice, ad un certo punto, una forte riduzione dell’offerta sui mercati internazionali, ha toccato livelli estremamente elevati.
Le terre rare sono fondamentali nella realizzazione di innumerevoli prodotti ad alta tecnologia, in cui sono presenti quasi sempre sotto forma di ossidi o di leghe con altri metalli: computer, iPhone, iPad, laser, sensori, sistemi di navigazione, superconduttori, marmitte catalitiche, batterie per auto elettriche, motori per veicoli ibridi, magneti permanenti, generatori per turbine eoliche, impianti fotovoltaici, lampade fluorescenti costituiscono solo alcuni dei settori di impiego, per non parlare di applicazioni strategiche in campo militare, quali motori aerei avanzati, missili intelligenti e radar sofisticati (al punto che, si sostiene, una loro penuria metterebbe in crisi le stesse Forze Armate).
La produzione mondiale di terre rare nel 2012 è stata stimata in circa 110.000 tonnellate, lievemente inferiore a quella dell’anno precedente. La Cina, con il 97% del totale, ne detiene praticamente il monopolio, pur possedendo solo il 40% circa delle riserve accertate. Questo perché i bassi prezzi di mercato degli anni passati ed il notevole impatto ambientale generato dai processi estrattivi hanno indotto gli altri Paesi ad abbandonare la produzione e a ricorrere, per la copertura del proprio fabbisogno, alle più convenienti importazioni. Recentemente, però, lo straordinario incremento dei consumi interni cinesi, dovuto al poderoso sviluppo industriale del Paese, ha portato ad una drastica riduzione delle esportazioni, che dal 2005 al 2010, con l’imposizione di quote e dazi, si sono più che dimezzate, passando da 65.609 a 30.256 tonnellate.
Secondo alcuni, tale riduzione, più che dalla necessità di assicurare risorse sufficienti al mercato nazionale, deriverebbe da una precisa scelta strategica della Cina, volta a costringere le multinazionali straniere utilizzatrici di terre rare a trasferire le loro produzioni nel Paese, come, del resto, hanno già fatto alcune industrie occidentali, tra cui la Apple.
In verità, al di là di questi sospetti più o meno fondati, va detto che la minore offerta ai Paesi occidentali è stata determinata anche dalla recente chiusura, da parte dello Stato, di numerose piccole miniere abusive, che alimentavano un traffico illegale calcolato nel 30% delle esportazioni totali, nonché da un programma di estrazione più razionale che la Cina sembra voler intraprendere, avendo preso finalmente coscienza del devastante impatto ambientale connesso ad uno sfruttamento insano delle miniere come è stato quello finora attuato.
In ogni caso, la diminuzione delle forniture, unita ad una domanda sempre più consistente da parte del mondo occidentale, ha portato nella prima decade degli anni Duemila ad una sensibile lievitazione dei prezzi, che sono aumentati in qualche caso anche di trenta volte: è il caso del disprosio, che nell’arco di otto anni è passato da 15 a 467 dollari al kg
La prospettiva più interessante, cui si sta guardando oggi con sempre maggiore attenzione, sembra essere, tuttavia, il recupero di tali metalli dai rifiuti di apparecchiature che li contengono e, in particolare, da quelle elettriche ed elettroniche.
Il Riciclaggio e riutilizzo dei metalli è una necessità per un’economia efficiente delle risorse. Considerando che i percorsi di riciclaggio efficienti sono già stati sviluppati per i metalli di base (ferro, rame, alluminio, zinco, ..) e per i metalli preziosi (oro, argento, metalli del gruppo del platino), i tassi di riciclaggio delle terre rare nel 2011 erano ancora inferiori all’1%.
Ecco spiegato perché la Tesi di Laurea che mi accingo ad affrontare, cercherà di mettere in luce tecniche e metodi per recuperare parte di queste terre rare dagli Hard disk dei nostri vecchi computer.
Vi terrò informati dei risultati nel corso del tempo,
nel frattempo cercate di smaltire in modo corretto tutti i vostri elettrodomestici, cellulari e televisori…a Bari si dice, SO TRRIS!! (sono soldi!)
vostro,
Andrea
Luca
argomento molto interessante…in bocca al lupo per la tesi…