Ufficiale la nuova ISO 14001. Criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica: modificato DM 27 settembre 2010. Classificazione dei rifiuti radioattivi ai sensi dell’art. 5 del Decreto Legislativo 4 marzo 2014 n. 45. Certificati bianchi, approvata la risoluzione Scalia: la Commissione Industria del Senato ha concluso l’esame dell’affare sull’aggiornamento delle linee guida in materia di TEE. La spirale conica riesce a catturare l’80% dell’energia massima teorica: minieolico residenziale, dall’Olanda la turbina supersilenziosa. Fotovoltaico: scoperte celle solari “zombie” con alte efficienze. Nelle batterie ricaricabili i funghi sostituiscono la grafite. Italia ipocrita: no ai nuovi test per le emissioni delle auto diesel. L’inquinamento si trasforma in inchiostro nei laboratori del MIT. Basta un po’ di esercizio per vivere lontano dalla rete: illuminazione off-grid, basta pedalare 60 minuti per 24 ore di luce. Materiali resilienti: il cemento assorbente ci salverà dalle inondazioni.
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Ufficiale la nuova ISO 14001
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Dopo un periodo di revisione e in seguito a diverse riunioni tecniche in sede ISO sono in dirittura d’arrivo le nuove Norme ISO 9001:2015 e ISO 14001:2015. Dal 14 settembre 2015 la ISO 14001 è stata pubblicata ed è quindi ufficiale anche se al momento l’UNI non l’ha ancora resa disponibile.
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Criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica: modificato DM 27 settembre 2010
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Sulla G.U. 11 settembre 2015, n. 211 è stato pubblicato il DM 24 giugno 2015 “Modifica del decreto 27 settembre 2010, relativo alla definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica ”. Tale norma modifica gli artt. 3, 5, 6, 7 e 8 e sostituisce interamente l’allegato 3 – Campionamento e analisi dei rifiuti del DM 27 settembre 2010 recependo le indicazioni fornite dall’Unione europea che chiedeva all’Italia di conformarsi alla decisione 2003/33/CE . Tra le novità introdotte si possono citare il test di lisciviazione a lungo termine per verificare la reazione dello scarto a contatto con il percolato in discarica e l’inclusione degli scarti di ceramica, mattoni nei regimi di prova, che andranno sottoposti a preventivo controllo.
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Classificazione dei rifiuti radioattivi ai sensi dell’art. 5 del Decreto Legislativo 4 marzo 2014 n. 45
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Sulla Gazzetta Ufficiale n. 191 di mercoledì 19 agosto 2015 è stato pubblicato il decreto 7 agosto 2015 del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero dello Sviluppo Economico, dal titolo: “Classificazione dei rifiuti radioattivi ai sensi dell’art. 5 del Decreto Legislativo 4 marzo 2014 n. 45”. Dopo quasi 30 anni viene sostituita la Guida Tecnica 26 del 1987 che si basava sulle proprietà radioattive dei rifiuti. Questo nuovo decreto considera anche le specifiche condizioni esentive che saranno presenti nelle nuove norme di Radioprotezione che dovranno essere attuate entro il 6 febbraio 2018 in recepimento alla Direttiva 2013/59/Euratom.
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Certificati bianchi, approvata la risoluzione Scalia: la Commissione Industria del Senato ha concluso l’esame dell’affare sull’aggiornamento delle linee guida in materia di TEE
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Il processo di riforma dei Certificati Bianchi prosegue. Dopo la breve serie di documenti acquisiti e audizioni informali, la Commissione industria del Senato ha concluso l’esame dell’affare sull’aggiornamento delle linee guida in materia di titoli d’efficienza energetica. In data 24 ottobre, la Commissione ha approvato la risoluzione proposta dal relatore Scalia in cui sono accolte alcune delle indicazioni ricevute nel giro di audizioni, a partire dalla richiesta di includere ulteriori categorie di intervento nell’ambito di applicazione del meccanismo dei certificati bianchi. Una mossa motivata dalla volontà di assicurare il sostegno a interventi di incremento dell’efficienza energetica a più elevata intensità di capitale, maggiore vita tecnica e maggiori ricadute in termini di riduzione dell’impatto ambientale come i settori idrico, dell’ICT, dei trasporti, del teleriscaldamento. La risoluzione prevede anche di introdurre forme di corresponsabilità tra i soggetti ammessi al meccanismo dei certificati bianchi, in particolare laddove il presentatore del progetto (intermediario tecnico e/o commerciale) non coincida con il beneficiario ultimo dell’incentivo (cliente), e abbia un capitale sociale inferiore alla valorizzazione economica dei titoli riconosciuti: in particolare, si ritiene necessario che, soprattutto per gli interventi di maggiori dimensioni, sia accertata la solidità patrimoniale di entrambi i soggetti, i quali – se del caso – devono essere chiamati a rispondere in solido. Inoltre si impegna il Governo ad adottare la revisione del cosiddetto “coefficiente tau” o “coefficiente di durabilità” secondo le linee indicate dalla prima ipotesi delineata dal documento del MISE. Questo coefficiente tiene in considerazione la differenza fra la vita utile reale di un intervento di efficienza energetica e il periodo di rilascio dei certificati bianchi. La risoluzione proposta dal senatore Scalia chiede al Governo di prevedere che “la vita tecnica dei beni oggetto di incentivazione sia al massimo pari a 15 anni e in ogni caso non superiore al periodo di ammortamento ordinario e sia poi considerata equivalente alla vita utile ai fini dell’incentivazione medesima, allo scopo di riconoscere i TEE sulla base dei risparmi effettivamente realizzati e rendicontati dai proponenti al GSE anno dopo anno nell’arco dell’intera vita tecnica, evitando ogni forma di anticipazione che incrementi il rischio per i consumatori di finanziare risparmi energetici non realizzati”.
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La spirale conica riesce a catturare l’80% dell’energia massima teorica: minieolico residenziale, dall’Olanda la turbina supersilenziosa
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La startup “The Archiomedes” ha messo a punto la turbina che affronta i 2 problemi del minieolico residenziale e aumenta l’efficienza abbassando i rumori
La startup olandese “The Archimedes” sta lavorando sulla turbina da tetto che risolve i due principali problemi del minieolico residenziale. Fino ad oggi questo settore delle rinnovabili è rimasto nell’ombra a causa dei tempi di ritorno sull’investimento iniziale dilatati dalla bassa efficienza e del rumore generato dalla turbina che può rendere fastidioso questo tipo di impianti. Alzare l’efficienza ed abbassare i rumori: questi sono i due obiettivi di “The Archimedes”, che ha realizzato la turbina Liam F1, che segnerà una svolta nel campo del minieolico residenziale. Il nome della startup è dedicato al famosissimo matematico dell’antica Grecia perché inventò la prima pompa a vite e la puleggia composita.
Le caratteristiche del minieolico residenziale Liam F1
La startup afferma che con le sue pale a forma di nautilus la turbina Liam F1 riesce a convertire in energia elettrica l’80% dell’energia massima teorica che può essere sfruttata dal vento. Per avere un’idea delle quantità questo vorrebbe dire che con una velocità del vento media di 5 metri al secondo la piccola turbina da tetto in un anno sarebbe in grado di generare 1500 kWh di energia pulita. Un aspetto interessante di questo minieolico ad asse orizzontale è nella capacità di ruotare come una banderuola in base alla direzione del vento, per catturarne la maggiore quantità possibile. La forma della lama a spirale conica è in grado di far girare il rotore anche quando il vento soffia con un angolo di 60°, questo si traduce in un aumento considerevole di efficienza. Questo tipo di turbina è pensato per le case che vogliono staccarsi dalla rete e i progettisti assicurano che se associato ad un buon impianto fotovoltaico il miniolico residenziale Liam F1 può coprire tutti i consumi energetici di una famiglia media. La giovane società sta lavorando su un prototipo direttamente collegato ai lampioni LED per rispondere alle esigenze di smart lightening delle città intelligenti.
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Fotovoltaico: scoperte celle solari “zombie” con alte efficienze
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Un gruppo di ricercatori dell’Università di Uppsala ha scoperto che le vecchie celle di Gratzel sono ancora attive ed efficienti anche se l’elettrolita è completamente evaporato
Le hanno chiamate celle solari “zombie” perché sono ancora perfettamente funzionanti quando in realtà dovrebbero essere chimicamente “morte”. Stiamo parlando dell’inaspettata scoperta fatta da alcuni ricercatori dell’Università di Uppsala, in Svezia. Lo scienziato Gerrit Boschloo e il suo team hanno portato alla luce un aspetto sconosciuto delle vecchie celle di Gratzel, le celle solari a base di colorante organico: continuano a generare energia elettrica con inaspettata efficacia anche se l’elettrolita si è completamente asciugato. “Le celle solari ‘secche’ lavorano a volte addirittura meglio di quando era presente il liquido. In alcuni casi l’efficienza di conversione è aumentata ad 8 per cento, che è un record per le celle celle foto-sensibilizzate a stato solido (“solid-state dye-sensitized solar cells” o ssDSC)”, spiega Boschloo. Le ssDSC sono un tipo di fotovoltaico organico in cui l’elettrolita liquido è sostituito da materiali conduttori di lacune elettroniche. Tuttavia, questo si verifica solo con alcune coppie redox a base di rame. Come spiega lo stesso Boschloo le ssDSC sono già state sviluppate in passato ma l’elevata efficienza di questa “celle zombie” ha preso i ricercatori di sorpresa. Per garantire il risultato, il progetto è stato ripetuto in condizioni controllate. “Ma si è rivelato essere molto difficile produrre la cella nel modo solito con cui si producono quelle a stato solido. L’opzione migliore è quella di fare un dispositivo a base liquida e quindi far asciugare l’elettrolita lentamente per ottenere la giusta struttura”. Il vantaggio di riuscire ad eliminare il liquido è quello di avere in cambio un dispositivo più stabile. Quando la cella solare è in uno stato solido, è molto più facile e meno costosa da sigillare. Questo riduce il rischio di perdite e corrosione del materiale circostante. I risultati dei test di laboratorio hanno soddisfatto i ricercatori che spiegano però: “Abbiamo ora bisogno di testarle all’aperto, per un lungo periodo di tempo, per vedere se funzionano anche in queste condizioni”.
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Nelle batterie ricaricabili i funghi sostituiscono la grafite
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Un team di ingegneri del Riverside Bourns College of Engineering ha realizzato un nuovo tipo di anodo per una batteria agli ioni di litio, partendo da comuni champignon
Possono dei “semplici” funghi essere la chiave dell’elettronica del futuro? Secondo i ricercatori dell’Università della California, sì. Un team di ingegneri del Riverside Bourns College of Engineering è stato in grado di realizzare un nuovo tipo di anodo per una batteria agli ioni di litio, partendo da comuni champignon; un risultato economico, ecologico e soprattutto facile da produrre rispetto agli attuali standard industriali.mQuesti elettrodi sono per lo più realizzati in grafite sintetica, che viene ottenuta attraverso un processo particolarmente dispendioso. Si prevede che circa che entro il 2020 il mercato dei veicoli elettrici avrà bisogno di oltre 900.000 tonnellate di questa materia prima per la realizzazione di elettrodi. Ma con il previsto aumento di richieste di batterie ricaricabili, la grafite sintetica potrebbe non costituire la scelta migliore, sia per l’impatto economico che quello ambientale (la grafite è tratta con prodotti chimici corrosivio). Al contrario sostengono i ricercatori californiani, la biomassa vegetale, grazie ad un alto contenuto di carbonio, si offre come sostituto ecofriendly e a basso costo. Ma per ottenere il massimo dai materiali biologici, gli ingegneri si sono concentrati sui funghi: la loro struttura particolarmente porosa. Tale porosità è importante per l’architettura delle batterie in quanto conferisce un maggiore spazio per lo stoccaggio e il trasferimento dell’energia, componente fondamentale nelle prestazioni dei dispositivi di energy storage. Inoltre, l’alta concentrazione di sale di potassio presente nei funghi consente di aumentare il materiale elettrolitico attivo nel tempo attivando più pori, e incrementando gradualmente la sua capacità. La tecnologia ad anodi di carbonio ottenuto dai funghi potrebbe, con l’ottimizzazione, sostituire gli elettrodi in grafite. “Con materiali come questo, i futuri telefoni cellulari potrebbero allungare il tempo di carica e di vita”, spiega Brennan Campbell, uno degli autori della ricerca. I risultati del lavoro sono stati illustrati in un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Nature Reports.
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Italia ipocrita: no ai nuovi test per le emissioni delle auto diesel
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Rigettata anche la proposta annacquata delle Commissione europea
Il governo italiano, insieme a quello tedesco, spagnolo e austriaco, sta tentando di impedire l’entrata in vigore dei nuovi test per i motori diesel
C’è anche l’Italia fra gli Stati membri dell’Unione europea che tentano di frenare l’entrata in vigore di nuovi e più stringenti standard per le emissioni dei veicoli diesel. Lo scandalo Volkswagen ha messo le ali ai piedi della Commissione europea, che ha accelerato le tappe per l’aggiornamento dei test ambientali per le automobili. La proposta, seppure molto annacquata dalla pressione dei governi e delle lobbies dell’industria (Rinnovabili ne ha parlato qui), dà fastidio al nostro Paese, così come a Germania, Austria, Spagna e altri Stati dell’Est Europa. Bruxelles ha chiesto agli esecutivi di inviare una posizione scritta entro la fine della prossima settimana, dopo che recentemente una valanga di sdegno internazionale ha travolto la Volkswagen, sollevando serie preoccupazioni circa i meccanismi di controllo del settore. Al di là delle dichiarazioni pubbliche, però, la maggior parte dei Paesi Ue sono contro l’adozione dei nuovi limiti all’inquinamento dei motori diesel. La Commissione europea ritiene la sua proposta «audace e realistica», dicendo che prende in considerazione l’impatto delle nuove soglie sul settore automotive e sui proprietari di veicoli più datati. Secondo la proposta dell’esecutivo comunitario, i produttori di automobili dovranno iniziare a misurare i livelli di ossidi di azoto (NOx) conducendo test su strada in parallelo a quelli di laboratorio, aggirati dagli ingegneri Volkswagen. I limiti da non superare nelle prove sul campo saranno gli stessi: 80 mg/km. Questo nuovo protocollo diverrebbe obbligatorio per tutti i nuovi veicoli a partire dal settembre 2017. Ma contrariamente ad una prima proposta fatta nel 2012, la Commissione ha ora intenzione di concedere uno sforamento fino al 60% dei limiti per i primi due anni (fino al settembre 2019 ), così da agevolare l’attuazione delle nuove norme. Non si tratta dunque di una rivoluzione: per 4 anni ancora le case automobilistiche potranno infrangere le regole senza pericolo nell’Unione europea, con il beneplacito di Bruxelles addirittura messo per iscritto. Tuttavia, alcuni governi nazionali troveranno «difficile» accettare la proposta, ammettono i funzionari della Commissione ad Euractiv, dal momento che le emissioni possono aumentare fino al 400% quando l’auto viene messa su strada. Sono proprio i Paesi con un forte settore automobilistico ad opporsi alle nuove regole. Chiedono invece che venga legalizzato un margine del 330%. Tra essi, soltanto la Francia sembra non essersi pronunciata, forse per non attirarsi gli strali internazionali dal momento che Parigi ospiterà la prossima Conferenza ONU sul clima. L’esecutivo Ue sta cercando di ottenere il sostegno degli scettici per raggiungere la maggioranza qualificata in seno al Technical Committee for Motor Vehicles, oscuro gruppo composto da esperti nazionali, i cui membri non sono indicati in modo trasparente. Tuttavia, Bruxelles non sembra voler continuare le discussioni durante la prossima riunione, prevista per la fine di ottobre, e sembra pronta a forzare un voto. Se venisse a mancare il sostegno necessario, il dossier lascerà le segrete stanze della commissione tecnica per i veicoli a motore finendo sul tavolo del Consiglio dei ministri dell’Unione europea, un fatto che potrebbe contribuire ad esporre le posizioni degli Stati membri, rendendo il dibattito più trasparente.
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L’inquinamento si trasforma in inchiostro nei laboratori del MIT
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Una miscela di alcol, olio e fuliggine. Così Kaala ti aiuta a riempire la cartuccia della stampante ripulendo l’aria
Il giovane ricercatore Anirudh Sharma non vuole limitarsi a trovare un modo per eliminare efficacemente gli inquinanti atmosferici all’aria. Egli intende anche trasformare queste stesse molecole di inquinamento in qualcosa di utile, come ad esempio un inchiostro per stampanti. Per questo motivo, Sharma – scienziato del MIT Media Lab – ha inventato Kaala, un dispositivo in grado di fagocitare inquinanti nocivi e immediatamente riciclarli in un nuovo prodotto: un inchiostro nero. L’idea l’ha avuta durante uno dei suoi tanti viaggi nel suo Paese d’origine, l’India. “Durante le calde giornate d’estate, se prendi un fazzoletto e lo strofini sulla pelle, questo si colora di nero”, spiega Sharma. “Così abbiamo pensato, ‘Come facciamo a riproporre qualcosa di cui ci lamentiamo ogni giorno in qualcosa che abbia una sua utilità?’” Il segreto dell’inchiostro è la sua composizione: una miscela di alcol, olio e fuliggine. Per testare il dispositivo Sharma ha impiegato la fiamma di una candela. Mentre la candela brucia, una pompa aspira l’aria circostante separando con un semplice filtro il nerofumo – sottoprodotto della combustione – dal resto dell’aria. Quindi intrappola il particolato in una piccola camera e lo miscela con l’alcol e una goccia di olio di oliva. Il liquido così formato può essere iniettato in una normale cartuccia di inchiostro per stampanti. Il risultato offrirebbe un’alternativa low cost al mercato delle cartucce. La maggior parte dell’inchiostro usato nelle stampanti, aggiunge lo scienziato, è “prodotto in stabilimenti con procedimenti chimici complessi. Le aziende come HP o Canon fanno il 70 per cento dei loro profitti con la vendita di queste cartucce a margini del 400 per cento”. C’è però da dire che fra teoria e pratica, il passo è ancora lungo. Il progetto è solo alle fasi iniziali e prima di poter anche solo pensare di raggiungere il mercato dovrebbe fare i conti con gli attuali standard di tossicità. Ma “con un po’ di ricerca – sostiene il ricercatore – può diventare buono come l’inchiostro da stampa che vende HP “. Sharma stima un vecchio motore diesel potrebbe produrre abbastanza smog per riempire una cartuccia in 60 minuti. Un camino in soli 10 minuti.
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Basta un po’ di esercizio per vivere lontano dalla rete: illuminazione off-grid, basta pedalare 60 minuti per 24 ore di luce
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Il miliardario americano Manoj Bhargava ha realizzato la cyclette che con un’ora di esercizio illumina la casa per un giorno intero
Il miliardario statunitense di origine indiana Manoj Bhargava, diventato ricchissimo grazie ad un energy drink, si è trasformato in un mecenate di sostenibilità realizzando una cyclette che trasforma la forza umana in illuminazione off-grid. Staccandoci dalla rete dobbiamo utilizzare tutte le fonti rinnovabili per assicurarci sempre l’energia di cui abbiamo bisogno. Allora perché non affiancare a sole e vento anche il nostro corpo? Con 60 minuti di pedalata ad alta velocità la cyclette “Free Electric” illumina la casa per 24 ore e ci fa consumare dalle 200 alle 350 calorie. Come i tavoli da ufficio “ciclabili” che alimentano i pc e la lavatrice a pedali, questa cyclette per l’illuminazione off-grid è un’idea che fa bene al corpo, alla bolletta e all’ambiente. Il costo della bicicletta molto contenuto – entro i 100 dollari – a differenza degli altri progetti simili la rende alla portata della maggior parte della clientela. La facilità di riparazione incentiva il fai-da-te ed il magnate americano propone il progetto come una valida soluzione in caso di blackout. Le prime 10.000 cyclette per l’illuminazione off-grid saranno distribuite in India, paese natale di Manoj Bhargava, che ritiene che potrebbero essere una soluzione pratica da associare a energia solare ed eolico per segnare una svolta green nello sviluppo del paese.
Il laboratorio sostenibile di Manoj Bhargava
Il progetto della cyclette rinnovabile del miliardario fa parte del programma “Stage 2”, al quale lavorano più di 100 ingegneri per trovare soluzioni pratiche e sostenibili ai problemi del mondo. Insieme a “Free Electric” sta nascendo il “Rain Maker”– che trasforma acqua del mare inquinata in una risorsa idrica adatta all’irrigazione in agricoltura – ed il “Renew”, un dispositivo medico per migliorare la circolazione del sangue. Tra i buoni propositi dell’imprenditore americano c’è il progetto di donare il 99% dei suoi capitali perché: “Se si dispone di ricchezza, è un dovere aiutare chi non ne ha.”
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Materiali resilienti: il cemento assorbente ci salverà dalle inondazioni
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Un materiale capace di aumentare la resilienza delle città
Messo a punto il cemento assorbente in grado di aumentare notevolmente le capacità drenanti del manto stradale, migliorando la sicurezza cittadina in caso di inondazioni o piogge fuori dal comune. L’azienda inglese Tarmac ha inventato il cemento superassorbente che si inserisce tra i materiali resilienti che migliorano la capacità di adattamento delle città agli eventi climatici estremi. Tra i devastanti effetti del cambiamento climatico ci sono le calamità naturali che sempre più spesso devastano i centri urbani, quasi mai preparati a forti piogge, inondazioni ed alluvioni. Per migliorare la risposta del tessuto urbano in caso di eventi climatici fuori dal comune, i ricercatori di tutto il mondo stanno mettendo a punto materiali resilienti capaci di aumentare la sicurezza dei cittadini, grazie alla capacità di adattarsi alle condizioni climatiche estreme. Uno dei problemi principali dei centri urbani in caso di forti piogge è il livello di permeabilità del manto stradale, che quasi sempre non è in grado di assorbire grandi quantità di acqua. Durante le precipitazioni fuori dal comune le strade si trasformano in torrenti che spazzano via automobili e vegetazione mettendo seriamente in pericolo l’incolumità delle persone.
I materiali resilienti per il manto stradale della Tarmac
Il nuovo tipo di pavimentazione per esterni sviluppato dall’azienda inglese ha delle straordinarie capacità di assorbenza e ogni metro quadro rivestito di Topmix Permeable riesce a drenare circa 4000 litri d’acqua in un minuto e dopo i primi 60 secondi continua ad assorbire 600 litri al minuto. Il manto “assetato” deve le sue straordinarie capacità allo studio della stratificazione che dall’esterno all’interno è composta da:
• Uno strato di grandi ciottoli di Topmix Permeable
• Una membrana geotessile
• Uno strato di attenuazione
• Il suolo permeabile
Gli aspetti sostenibili di questa pavimentazione resiliente stanno nell’utilizzo di materiali a chilometri zero, nella capacità di aumentare le riserve di acque grigie utilizzate per l’irrigazione dei parchi, nella riduzione dell’inquinamento idrico causato dalla stagnazione, nel contributo alla ricarica delle falde sotterranee e nella durabilità che permette al manto stradale di resistere inalterato alle precipitazioni in quanto non è danneggiato dalla presenza costante di acqua in superficie.
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