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Adattamento ai cambiamenti climatici, arriva il Piano Nazionale

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Adattamento ai cambiamenti climatici
Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha approvato il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc). Obiettivo principale del Piano è «fornire un quadro di indirizzo nazionale per l’implementazione di azioni finalizzate a ridurre al minimo possibile i rischi derivanti dai cambiamenti climatici, a migliorare la capacità di adattamento dei sistemi socioeconomici e naturali, nonché a trarre vantaggio dalle eventuali opportunità che si potranno presentare con le nuove condizioni climatiche».

Si legge nel documento che, a causa della crisi climatica, l’Italia «rischia di pagare un prezzo altissimo in termini di capacità produttiva, perdita di PIL e di posti di lavoro».

L’analisi

In ambito UE, il nostro paese negli ultimi 40 anni ha avuto «il triste primato del valore economico delle perdite subite» a causa degli eventi meteo estremi, fra i 74 e i 90 miliardi di euro. Riguardo le risorse idriche il Pnacc riporta che «i modelli climatici suggeriscono che siccità e scarsità d’acqua andranno aumentando in diverse regioni, generando seri problemi di accesso all’acqua potabile».

Il caldo è un nemico mortale, tanto che, in uno scenario con riduzioni delle emissioni e stabilizzazione della crisi climatica (non mitigazione), il Piano stima «un aumento della mortalità tra l’86% e il 137% con un impatto sul PIL che salirebbe da circa l’1% attuale al 2%». Altrettanto drammatica la previsione del numero di vittime degli eventi estremi che, entro la fine del secolo, potrebbe crescere fino a 60 volte rispetto a oggi.

La strategia

Il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici elenca 361 “possibili” azioni per favorire la resilienza dei territori, azioni da adottare su scala nazionale o regionale, su questioni quali acquacoltura, agricoltura, energia, turismo, foreste, dissesto idrogeologico, desertificazione, ecosistemi acquatici e terrestri, zone costiere, industrie, insediamenti urbani, patrimonio culturale, risorse idriche, pesca, salute e trasporti.

Le azioni sono divise in tre diversi livelli di applicazione: le soft non richiedono interventi “materiali” diretti, ad esempio campagne di informazione e sensibilizzazione, processi organizzativi e partecipativi, le azioni green sono interventi materiali nature-based, ad esempio le piantumazioni, e le azioni grey che prevedono interventi infrastrutturali. 

Le organizzazioni ambientaliste sottolineano come il Piano non individui in modo concreto né costi né risorse, queste ultime non sono previste neanche nella legge di Bilancio.

 

(Foto: Sveta K, Pexels)

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