Biodegradazione
La biodegradazione è un termine usato in chimica ambientale per indicare i processi biochimici che tendono a ricondurre le sostanze organiche, generate direttamente o indirettamente dalla fotosintesi, in sostanze inorganiche. La biodegradazione svolge una funzione inversa a quella della fotosintesi e dei successivi processi biosintetici che danno origine alla biomassa. Mentre la fotosintesi produce molecole organiche a partire da molecole inorganiche, la biodegradazione riduce le molecole organiche complesse in costituenti via via più semplici per infine riportarle ad uno stadio inorganico.
Il fenomeno della biodegradazione è molto importante per l’ambiente, che deve liberarsi dai rifiuti e dalle scorie per far posto alla nuova vita. Gli alberi, le piante, le alghe, ossia tutti gli organismi fotosintetici, grazie al sole sono in grado di assorbire l’anidride carbonica presente nell’atmosfera ed utilizzarla per sintetizzare zuccheri, molecole organiche alla base di tutte le numerosissime sostanze organiche presenti nella biosfera.
Tramite la catena alimentare, il flusso di sostanze e di energia passa dalle piante (produttori) agli erbivori (consumatori primari) e da questi ai carnivori (consumatori secondari). Questo meccanismo si incepperebbe velocemente, però, se non esistesse la possibilità inversa, cioè quella che permette di liberare anidride carbonica a partire dalla materia organica morta, assicurando la circolazione di materia. Quindi il processo di biodegradazione ha, nell’equilibrio naturale, pari dignità al processo della fotosintesi di cui rappresenta l’esito e nello stesso tempo la partenza. La biodegradazione è attuata dai decompositori, microrganismi (funghi, batteri, protozoi) che crescono sulla materia organica morta, ossia sui rifiuti prodotti dall’ecosistema. Da un punto di vista chimico, la biodegradazione è l’ossidazione dei composti organici.